Insomma,
nonostante il tempo incerto che ha segnato immancabilmente tutte le invernali
di quest’anno. A partire dall’acquazzone al mitico Morra, che nessuno aveva
preso come avviso..
Solo più in là con la
stagione, e le uscite su neve fresca e incontaminata, avremmo capito!!! Benché
un primo potente segnale ventoso c’arrivò dal Bove laddove la spedizione
Imax avrebbe potuto filmare
spacciandolo tranquillamente per Everest.
Essendo di Scaramuccia,
come si sa, nell’incertezza si opera anche alla faccia delle minacciose web cam
chamoniniane.
La delusione sarebbe
stata troppo grande, dopo mesi e mesi di allenamento e quintali di byte
informativi trasferiti in rete fra i
partecipanti (con tendenza all’aumento
nelle ore dell’immediata vigilia).
Fino all’ultimo
istante non si capisce quali saranno gli equipaggi.
Veramente anche dopo
non è che vada meglio, tant’è che al ritorno cambio due macchine trascinandomi
dietro gli associati bagagli, come sempre in via di lievitazione, per
quell’inspiegabile fenomeno cui sono sottoposti in qualsiasi viaggio pur
razionalmente e accuratamente preparato a tavolino.
Problematico il recupero in itinere (quasi in
orario sulla tabella di marcia per Beo a Barberino, mooolto desiato,
prolungato e bagnato, in quel tristissimo posto che è Albiano, per Paolo).
Riusciamo ad arrivare
a Chamonix (storico Ostello di Garconnets intorno alla mezzanotte, poco
più o poco meno, con altre attese per strada causa dispersione mia e di
Heros…che eravamo quelli che avevano fatto il viaggio più avventuroso a bordo
della mitica Puntoacquadimare
della di lui madre!
Per Chamonix non gira
un cane cui chiedere informazioni (a parte un ragazzo che Heros , per naturale
inclinazione vuol caricare
presumendo sia un autostoppista); due telefonini entrambi in black out in
attesa di riconnettersi alle rete di là del traforo. Nevemistapioggia…Altro?
Finalmente davanti al
camino. Troviamo un piattino di crepès di Joel e i dolcetti di mamma, nonché
l’immancabile tisana di Paolo (stavolta alla verbena).
Nanna nella suite a
castello 2.000 ligues sur les pierres ; mia momentanea perdita
dell’orientamento per raggiungere il bagno, ma tanto non ce l’ho mai quindi
inutile attribuirlo al sonno…
Intanto Paolo s’è
impegnato col Maestro per sedersi una mezz’ora, la mattina dopo alle
sette. Piena di buone intenzioni lo invito a svegliare anche me come facevamo
sempre in Dolomiti. Lo farà implacabilmente…..
Velata, diffusa e filmica
convinzione che domani si riposi visto il maltempo.
Scopriremo presto
(anche in senso squisitamente orario) che è del tutto malposta: sotto la neve
la mattina alle 8,00 di nuovo unici esseri viventi in movimento ai piedi del
Bianco.
Bello, però, e non freddo,
andiamo verso Le Glacier de Bossons, il più basso (si fa per dire…) che scende
direttamente dalla Nord del Bianco, abbastanza vicino da attaccare; ottimo per
prima acclimatazione. Mentre camminiamo, -ci scommetto-, pensiamo tutti al
Kumbu e agli himalaysti che fanno su e giù ventimila volte dal campo base prima
di attaccare l’Everest. Ci sentiamo molto eroici e poco verosimili (soprattutto
io, che avendo appeso male il caschetto allo zaino, dopo pochi metri l’ho già
riempito di neve…).
Bar chiuso anche qui
(ma Chamonix non era una località di punta??!?!!?), ma sono più che soddisfatta
del meraviglioso café noir della mattina in ostello: finalmente in
quantità abnorme per un italiano…
Arriviamo ad un
rifuggetto (che ve lo devo di’ che era sbarrato anche questo?!), con
bellissima terrazza panoramica sul ghiacciaio: sembra che si apra un po’ il
cielo, ma è un’illusione ottica momentanea…
Impossibile calarsi in
doppia per arrivare alla base ed arrampicare; è troppo alto il salto, e -quel
che peggio- sta venendo giù tutto come da tipica parete nord.
Foto di rito, giro sui
tacchi e..ci si toglie dalle p….
Sono sol’ le
undicietrequarti e quindi, -per allenamento/acclimatamento/devozione/acquisizione Punti Paradiso, giù di corsa
a Chamonix ad arrampicare su roccia nella locale falesia di gneiss, con
piccozza e ramponi.
Solito frugale pasto e
poi appiccicati lì. Traumatica l’informativa del Maestro di fare solo due o tre
tiri perché si torna al ghiacciaio, -dall’altro lato stavolta-, per provare
l’ebbrezza dell’ice climbing e fare il quantomai temibile qualcosa….
Sgommiamo dalla
falesia alle una, ma ci sembrano già le sette di sera (siamo in movimento no
stop dalle 8.30, e per fortuna
che fa brutto !?!?).
Cerchiamo di prender tempo
per un caffè, ma la sfiga ci perseguita: tutto fermée.
Andiamo alla
contrattazione: riusciamo ad estorcere al Maestro la promessa di fare un salto
turistico in centro prima della cena!
Via di nuovo in macchina
fino all’imbocco del Traforo,da lì scaletta comodissima e, con 20’ di
avvicinamento siamo al ghiacciaio. Naturalmente dopo aver bypassato un vistoso
cartello di danger n’est pas permis de continuer.
Da questo momento in poi,- vuoi i rumori delle costanti frane, vuoi l’imponenza del ghiacciaio, vuoi la sensazione che attraversando possa venir giù qualche valanghetta…-, adrenalina e incosciente curiosità a mille!
Offro alla parete e a
Carletto che va volontario ad attrezzare una via, uno storico, intonso,
preziosissimo chiodo da ghiaccio (come al solito da eredità acquisita…, io
non c’avrei mai speso tanto), e a Gigi le piccozze con cui poi farà ancoraggio.
Il ghiacciaio è
un’esperienza.
Chi l’ha detto che il
ghiaccio è una metamorfosi dell’impalpabile acqua?
E chi l’ho detto che
si stanno sciogliendo?
Non potete capire
quanto può essere duro (in tutti i sensi). Prima di assestare il colpo giusto
che fa presa per la temibile piolet traction…eppoi non c’avevo i ramponi
con le punte supertecniche da cascata??? Qui l’unica a cascare sono io, che
imploro Paolo di tirare, ma la corda non si recupera più di tanto, al secondo
che sale è già incastrata nel ghiaccio sommitale!
Carletto mette lo storico
chiodo per provare l’emozione eppoi decide ragionevolmente di ridiscendere.
Gigi va su di lato, completamente sciolto per attrezzare un’altra via, ma
arrivato in cima si decide che le due corde già su bastano e avanzano…
Inquietudine e
perplessità del gruppo per capire come cavole recupereremo i materiali di
sosta. Qualcuno avanza spiegazioni tecniche per i più e per lo più
incomprensibili, ma tanto c’abbiamo la Guida al seguito!!
Proviamo tutti, con
maggiore e minore lunghezza conquistata; si decide che io non sono atta a
queste sicure perché non ce la farei a recuperare alcunché…
Ritorniamo alle
macchine. Io ed Emanuele ci avvantaggiamo sono quasi le sei del pomeriggio,
stiamo traguardando l’agognata passeggiata turistica in centro!
Tra hic et hoc siamo
stati fuori circa 9 ore….dice il Maestro che può bastare come acclimatamento.
Manco per la birra
a Chamonix riusciamo a ricompattarci, e per fortuna che eravamo solo 13!
Qualche spesuccia e poi
a cena, talmente stanchi che dopo, -quando ci passa a trovare Valeria (che
avevamo già incontrata in centro, quant’è piccolo il mondo alpinistico!)-, a
parte il Maestro, non è che riusciamo a tirar su una grande conversazione…Lei
domani farà La Mer de Glace con gli sci (tutta in discesa, e non aggiungo
altro); noi in linea di massima abbiamo optato per Les Cosmiques, perché con
tutta la neve che ha fatta oggi Le Tacul è valangosissimo ed inavvicinabile.
Scopriremo a nostre spese che di qua non cambia poi molto.
Insomma, prima di
dormire, ma dopo la doccia, facciamo una botta di conti e paghiamo tutte le
pendenze. Alla fine dei giochi il tutto c’è costato 140 euro, non si può dire
che non siamo risparmiasi, trattandosi di Chominix e Mont Blanc dove una tratta
di funivia costa più dell’intero pernottamento/cena/prime colazioni/bagni con
docce calde…!!! E il Maestro poi? E’ talmente risparmioso che anche in questo
si distingue dalle Guides regolari dell’omonimo Bureau, tant’è che
quando afferma che lui prende sempre la stessa cifra sia qui, che in appennino,
che all’Everest…quasiquasi golosamente opteremmo per quest’ultimo.
Insomma si sa che la
montagna è severa come disse qualcuno di Scaramuccia, in situazione
analoga, ma è pure tanto bella; anzi le due cose sono direttamente
proporzionali, così non potete neanche immaginare lo spettacolo e la fatica che
ci aspettavano ad Anguille du Midi, in una domenica di metà aprile del
duemilaetre di pieno sole.
Dire cielo cobalto è
scolorirne il tono; 50 cm di neve freschissima e incontaminata, bianco
brillante ed abbacinante. Contrasti netti e forti come netta e forte è
l’emozione di affacciarsi su La Mer Blanche.
Le Tacul appanica
solo vederlo tanto è carico, e immediatamente ci illuminiamo su ciò che
intendeva Gigi dicendo con un eufemismo che sarebbe stato pericoloso farlo…La
vetta del Bianco è un paesaggio dell’anima; Punta Helbronner, Les Grandes
Jorasses, e, viavia in secondo piano stagliati e netti la piramide del
Cervino, e Le Plateau del Rosa. Ai lati i Satelliti non meno belli ed
imponenti. È lì che abbiamo avuta la certezza che il mondo non fosse una sfera
perfetta; anzi lì abbiamo proprio pensato che la situazione fosse capovolta e
che oltre alle montagne ed all’effimero cielo, altro non ci fosse. Scontornati
dai corpi (pure un po’ provati dal giorno prima…), c’eri e basta. Ed era giusto esserci.
Cominciamo la discesa.
A –8° è caldissimo; puntiamo verso Les Cosmiques, verifichiamo con una certa
inquietudine precognitiva che di arrampicatori siamo gli unici, gli altri
c’hanno tutti gli sci….
Proseguiamo eroici ed
imperterriti (nessuno mai si sarebbe tirato indietro, nonostante fosse già
chiaro che sarebbe stato un bagno di sangue nella neve fresca ben peggiore del
nostrano Pizzo Cefalone).
A conti fatti i metri
di dislivello sono ben minori dei nostri soliti 1200/1500, però… neve
ascellare, morbida, fragrante. Panna montata su cui non regge niente (infatti
parecchia ne viene giù…), ed in cui sprofondi come in una soffice sabbia
mobile.
Fare la pista (‘ché
ovviamente, non c’era passato nessuno prima di noi…), significa fare 10 passi
in 20’, spalando con in ordine di apparizione: gomiti, ginocchia, piccozza,
solo per guadagnare centimetri.
Scorgiamo un'altra
cordata che tenta l’avvicinamento al Tacul, ma ripiega indietro ben prima di
noi, capirete perché….Gigi ci indica e descrive la via che porta in cresta
all’Aiguille ed esce direttamente sul terrazzo della funivia. Ci basta; lo
decidiamo all’unanimità. Tanto resta lì…mentre ognuno di noi fa l’esperienza
dell’alta montagna navigando in 3.850 metri di neve vergine.